D.In.Ge.CC.O – Dietro questo enigmatico acronimo si cela Gianluca D’Ingecco, compositore e produttore umbro già noto alla scena underground della musica elettronica europea. Già la scelta di dare al progetto un nome sicuramente non facile da ricordare, che solo in apparenza riprende il cognome dell’artista, ci da la dimensione di quanto l’autore non ami ubbidire alle regole del mercato di massa.

D.In.Ge.CC.O è infatti un nome volutamente articolato, che nasconde una frase manifesto: “Digital Innovetions Generate Creative Cool Oxygen”. Ai più attenti non sfugge l’omaggio ad “Oxygen”, storico album del ‘76 di Jean Michel Jarre, compositore e pioniere della musica elettronica, tra i punti di riferimento nella formazione musicale di D’Ingecco.

Linear Burns è un album che celebra apertamente le infinite declinazioni della musica elettronica. D.In.Ge.CC.O in questo disco sembra quasi divertirsi a destabilizzare l’ascoltatore: prima ti porta sul dance floor catturandoti con una confortante atmosfera lounge oppure con un bel groove sincopato in puro stile house, poi mentre sei lì che ondeggi spensierato con il tuo drink in mano ecco che arriva una “spallata” di pura astrazione elettronica che ti spinge fuori dalla comfort zone. E’ da questi frequenti cambi di rotta che si comprende che “Linear Burns” è un invito al viaggio, con tutte le incognite che ciò comporta.
E’ evidente che D.In.Ge.CC.O non vuole un ascoltatore che si metta troppo comodo, ma anzi piuttosto mosso da quella curiosità e da quel gusto per l’imprevedibile che distinguono i veri viaggiatori. Dalla sua stanza dei bottoni crea quindi delle architetture sonore ricche di imprevisti, di paradossi, di asimmetrie, con l’invito a muoversi in un ambiente dove non bisogna aver paura di perdere i riferimenti. Dall’ascolto di Linear Burns insomma si esce in qualche modo segnati, come suggerisce il titolo stesso, “Ustioni Lineari”.

1. Jezzy Trasforming Nazi- Già dalla prima traccia emergono subito tutti i riferimenti alla grande rivoluzione elelttronica degli anni ‘70 e ‘80. Il brano è sostenuto da una ritmica coinvolgente caratterizzata dagli inconfondibili suoni delle drum machine Roland TR e da una bass line di intenzione funk che da al brano un’andatura apparentemente confortevole. Ma come impareremo a capire dall’ascolto di questo disco, nulla è come sembra e mano mano che il brano evolve il paesaggio sonoro muta, con l’alternanza di elementi campionati, sintetizzatori profondi, arpeggiatori ariosi, riff dissonanti esaltati da delay rimbalzanti. Una struttura progressiva che ritroveremo spesso durante l’ascolto dell’album.

2. Lovely Crooked Street- Un brano dalle tinte latin Jazz immerso in un’ atmosfera in puro stile Bristol sound. Inizialmente dominano i vuoti, con accordi di synth dal respiro lungo che lasciano grande spazio ai silenzi e alle particelle di suono sintetico in sospensione. In questo scenario rarefatto si introduce il tema costituito da quella che sembra una frase di flauto campionato, manipolato, elegantemente dissonante, che farà da filo conduttore dell’intero brano. La ritmica anch’essa minimale, a tratti quasi assente, esalta l’intenzione “noir” di un brano che risulta un piccolo viaggio in un nebbioso luogo dell’anima.

3. Much More Funky Than Bacon Eggs – Protagonista è il groove in questa traccia dai toni downbeat, dove elettronica e smooth jazz si fondono restituendo una gradevole atmosfera club. In questa composizione fluida e ballabile non manca però la nota acida della sperimentazione, che dona al brano l’intrigante gusto dell’imprevisto.

4. GloryduMM – Un brano con tutte le caratteristiche di una soundtrack. Un’alternanza di paesaggi elettronici in un crescendo di suoni usati come immagini. Grande spazio al potere evocativo dei sintetizzatori, in un racconto in musica che sembra partire da lontani spazi siderali per piombare sin nelle viscere della terra, a contatto diretto con l’energia degli elementi. Brano di grande suggestione.

5. Pan’s Call (But I love Technology) – Una composizione coraggiosa dove D’Ingecco si lascia andare al puro astrattismo. Nessun riferimento ritmico o armonico, in uno spazio senza tempo dove gli echi rumorosi delle avanguardie musicali degli anni ‘40/’50 (Luciano Berio e Bruno Maderna su tutti) si fondono con le sonorità techno e ambient dei nostri tempi. Un esperimento di “non musica” riuscitissimo, un invito a perdere i riferimenti e a diventare multidimensionali.

6. Chicago- Il titolo è un chiaro riferimento ad una delle più importanti scene della musica elettronica mondiale, quella di Chicago appunto. Apparentemente un brano della migliore tradizione IDM, quella “Musica Dance Intelligente” che dà grande spazio alla sperimentazione ritmica e sonora. Ma anche in questo caso non mancano le sorprese: piccole nubi dissonanti prendono sempre più corpo e subito si comprende che qualcosa sta per cambiare. Un finale a sorpresa.

7. Just one drink to join me to you – Brano visionario che parte da una registrazione ambientale: un uomo entra in un locale affollato, si siede in disparte, ordina un drink, forse un vodka tonic. Il ghiaccio tintinna nel bicchiere. Il barman stappa e versa la tonica. Gli accordi di un organo arioso descrivonol’incanto delle bolle di tonica. La ritmica delicata sostiene un’ atmosfera immateriale, frasi di synth disegnano immagini quasi infantili, in qualche modo malinconiche . Forse siamo finiti in un ricordo agrodolce (come un vodka tonic), il ricordo di qualcosa che non c’è più.

8.Foreign Doors è il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album. Un suono elettronico volutamente rétro per questo brano che ricalca le atmosfere delle pellicole thriller/poliziesche degli anni ’80. Il singolo è accompagnato da un video di cui Gianluca D’Ingecco (che è anche un bravo videomaker) ha curato l’intera produzione (https://youtu.be/0cUowX5eaqo). Le immagini, con evidenti rimandi al cinema di Stanley Kubrick, confermano la suspense e i toni scuri suggeriti dalla musica. Non manca una buona dose d’ironia, in un insieme che restituisce grande tensione, mistero e un tocco di umorismo nero.

9. I Met my self (but you’re gone) – Un arrangiamento orchestrale per una composizione elettronica che evoca le suggestioni di una visione aerea: un volo su un luogo dell’anima. D’Ingecco con questo brano sembra sottolineare quanto la manipolazione del suono apra ad esperienze profondamente spirituali e quanto la sua sperimentazione sonora abbia a che fare con l’esplorazione del proprio universo interiore. Nel titolo del brano però ci lascia un indizio: nei luoghi dell’anima, come nella ricerca musicale, i confini si ridefiniscono di continuo e non ci sarà mai un vero punto di arrivo, ma solo un continuo rincorrere se stessi.

10. Can’t belive I made it – Sempre più in alta quota con questo brano. Arrivati a questo punto dell’album la vetta sembra sempre più vicina. Ormai siamo più in alto delle nuvole, i sintetizzatori sempre più rarefatti ed eterei fanno capire che la terra è lontana e siamo ad un passo dal toccare il cielo. La drum machine detta un ritmo lento ma costante, solido e carico di motivazione. Brano eroico.

11. More Flashing Lights in the space station. Se fossimo in un Concept Album che racconta di un viaggio dalla Terra alle stelle, ormai il nostro eroe avrebbe superato l’esosfera terrestre per approdare nello spazio interplanetario trovando rifugio in una stazione spaziale. Un sound più freddo e spigoloso in questo brano che esalta appieno l’immaginario robotico, automatico, che la musica elettronica ha rappresentato alla fine degli anni ‘70 attraverso la rivoluzione pop-androide dei Kraftwerk. Momenti di grande tensione e claustrofobia in questa traccia, ma anche il meraviglioso spettacolo della Terra vista dallo spazio.

12. Within us above us. Il cerchio si chiude: si, “Linear Burns” è un racconto con un prologo, uno sviluppo ed un epilogo. I suoni celestiali dei pad, quasi liturgici, sembrano celebrare l’immateriale, l’incorporeo. E’ come assistere al contatto tra la razza umana e un’entità di pura energia cosmica che rivela i segreti di una coscienza universale e consegna i semi di una nuova era. Notevole potenza evocativa di D’Ingecco in questa ultima traccia, che conclude questo viaggio lasciandoci un messaggio di grande speranza nel progresso umano.

D.In.Ge.Cc.O è un progetto creato da Gianluca D’Ingecco, compositore, video-maker e scrittore. Nel 2013 pubblica il suo primo LP intitolato Y.S.I.L.F.U. che suscita grande interesse nella scena underground ed indie della musica italiana. Farà seguito la pubblicazione di un EP con i remix del singolo CLOUDS STOP. Nel 2014, durante un viaggio negli Stati Uniti, D.In.ge.cc.o  inizia un lavoro di ricerca visitando alcuni luoghi tra quelli che possono essere considerati i templi della musica house e la cultura dance-pop, in particolare a Chicago e New York. Questo percorso si evolverà poi con viaggi in Europa e darà vita al nuovo progetto musicale chiamato “G”. Ad Ottobre 2019 esce una nuova pubblicazione, un Ep che contiene due inediti e 3 remix del singolo Birthday will exist 4 Ever. I due singoli inediti sono tutti e due ispirati dalla città di Berlino. The Funkatronickiss Ep è supportato da molti Dj a livello internazionale e inserito nel programma Sound Of Berlin Channel dal Dj e produttore Pawas poi trasmesso sulla web radio berlinese FLUX/FM e su altre Web radio internazionali specializzate nella musica elettronica. Il 13 Agosto 2020 esce un EP compost da 6 remix del brano “Because you try to catch the last train” secondo e ultimo singolo estratto dall’LP “G”. Poco dopo vine pubblicato il video. L’Ep contiene diverse tracce con remix che vanno dal tribal house all’ambient e una versione sinth pop.

Recensione di Davide Palumbo – Redazione Indexmusic ©

 

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