L’idea di realizzare un nuovo progetto intorno alla letteratura di Italo Calvino scaturisce da un invito del maestro Enrico Intra e di Maurizio Franco

Prodotto dall’etichetta pugliese Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe Digital, martedì 11 maggio esce “Music from the castle of crossed destinies” di Claudio Angeleri. Negli otto brani originali, liberamente ispirati al breve romanzo fantastico “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino, e nella rilettura di “Round about midnight” di Thelonious Monk e Cootie Williams, il pianista e compositore lombardo – al secondo disco con la Dodicilune dopo “Blues is more” nel 2019 – è affiancato da Giulio Visibelli (sax soprano, flauto), Paola Milzani (voce), Virginia Sutera (violino), Michele Gentilini (chitarra elettrica), Marco Esposito (basso elettrico), Luca Bongiovanni (batteria, percussioni) e, nel brano “Two or three stories”, Gabriele Comeglio (sax alto).

Claudio-Angeleri

Dopo la precedente esperienza con lo spettacolo ispirato a “Le città invisibili”, uno dei libri cult della letteratura del XX secolo, Claudio Angeleri torna a confrontarsi con Italo Calvino e in particolare con il suo periodo della scrittura combinatoria. «Ne “Il castello dei destini incrociati”, prima opera di Calvino scritta completamente con questa tecnica, i racconti dei diversi personaggi che si incontrano casualmente in un castello dopo varie peripezie, sono determinati dalla combinazione delle carte dei tarocchi miniati quattrocenteschi», spiega il musicista nel corposo booklet del cd. «Nella nota conclusiva del romanzo lo scrittore rivela la natura aperta e in divenire del libro che rimane, per certi versi, sospeso e incompiuto. Il testo doveva contenere infatti una terza parte contemporanea basata sulla medesima macchina narrativa. L’idea è stata quindi quella di raccogliere la sfida per elaborare nuove storie attraverso il linguaggio dei suoni e realizzare quella parte terza incompiuta, attraverso il racconto musicale. I personaggi e i luoghi raccontati da Calvino qui si trasformano attraverso la combinazione dei 12 suoni sia nella parte composta a tavolino sia in quella improvvisata dai sette musicisti coinvolti – otto con l’aggiunta di Gabriele Comeglio in un brano», prosegue. «Oltre ai sedici racconti che compongono il Castello, otto per ogni parte, ne ho composti ancora otto secondo un criterio assolutamente soggettivo lasciando spazio agli stimoli creativi del libro, come dice Calvino: “Mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l’occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un’iconologia immaginaria”. Ho quindi composto un contrappunto affidandolo ai diversi strumenti che rappresentano, per il loro carattere sonoro specifici personaggi: il violino, il flauto, la chitarra elettrica (distorta), la voce, il piano, il basso (elettrico), le percussioni».

Classe 1956, Claudio Angeleri inizia a studiare pianoforte con Aldo Sala perfezionandosi successivamente in Italia e negli Stati Uniti con Mark Levine, Cedar Walton, Jaky Byard, diplomandosi in Pianoforte Jazz alla University of West London e ottenendo la certificazione Grade 8 Keyboards al Trinity College London. Parallelamente si laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Si esibisce dal 1974 partecipando, nel corso degli anni, ai più importanti jazz festival e rassegne internazionali: Umbria Jazz, Berlino, Lussemburgo, Milano, Roma, Ravenna, Iseo, La Spezia, Cagliari, Sanremo, Vicenza, Ascona, Palermo, Mantova, Lugano, Reggio Emilia, Padova, Bergamo, Clusone, Bologna, Malta, Torino. In quasi 50 anni di carriera ha suonato e inciso, tra gli altri, con Gabriele Comeglio, Charlie Mariano, George Robert, Steve Lacy, Jerry Bergonzi, Bobby Watson, Franco Ambrosetti, Bob Mintzer, Bob Malach, George Garzone, Herb Pomeroy, Mike Richmond, John Riley, Kenny Wheeler, Marco Esposito, Gianluigi Trovesi, Gianpiero Prina, Tony Arco, Giulio Visibelli, Emilio Soana, Sarah Jane Morris, Franco Cerri, Massimo Urbani, Gianni Basso, Tony Scott, Heiri Kaenzig, Dave Schnitter, Martin Dietrich Wehner, Jesse Davis e Red Holloway. Ha sperimentato il dialogo tra diverse discipline – musica, teatro, danza, multimedialità – realizzando diversi progetti. Dal 1987 dirige il CDpM – Centro Didattico Produzione Musica di Bergamo e ha un’intensa attività didattica. Info

L’etichetta Dodicilune, fondata da Gabriele Rampino e Maurizio Bizzochetti è attiva dal 1996 e dispone di un catalogo di quasi 300 produzioni di artisti italiani e stranieri. Distribuiti nei negozi in Italia e all’estero da IRD, i dischi Dodicilune possono essere acquistati anche online, ascoltati e scaricati sulle maggiori piattaforme del mondo grazie a Believe Digital.

Music from the castle of crossed destinies a cura di Claudio Angeleri

E la mia storia non c’è? Non riesco a riconoscerla in mezzo alle altre, tanto fitto è stato il loro intrecciarsi simultaneo. Italo Calvino

L’idea di realizzare un nuovo progetto intorno alla letteratura di Italo Calvino scaturisce da un invito del maestro Enrico Intra e di Maurizio Franco al MIT Jazz Festival presso il Piccolo Teatro di Milano nel novembre 2019. Non si tratta della mia prima frequentazione di Calvino in quanto nel 2004 avevo già composto le musiche di uno spettacolo ispirato alle “Città Invisibili”, uno dei libri cult della letteratura del XX secolo. Tuttavia, il rapporto con Calvino ha radici ben più lontane e profonde che molti “giovani” della mia generazione hanno condiviso durante gli anni Settanta, il periodo in cui lo scrittore aveva pubblicato “Il castello dei destini incrociati”, il libro di racconti a cui mi sono riferito per questo nuovo lavoro. Un periodo contraddittorio per molti versi, ma estremamente creativo, fecondo e portatore di numerose trasformazioni sociali, politiche e culturali. Nei libri e nella musica si potevano trovare risposte immediate, plurali, sintetiche e al tempo stesso profonde. Calvino nei suoi racconti mette in atto un’attitudine di pensiero e metodologica che riduce il reale a coordinate essenziali e fondamentali: mente, spazio, tempo. Si tratta della traduzione letteraria di alcuni concetti molto diffusi e condivisi negli anni Settanta: in altre parole, il «less is more» di Mies van der Rohe in architettura, e per quanto mi riguarda, l’estetica di molti esponenti del jazz, Thelonious Monk e Duke per primi. Calvino è tutto questo e molto di più. Lo fa con leggerezza, ironia, rigore e una padronanza quasi “classica” della scrittura. È il periodo della scrittura combinatoria, un nuovo modo di fare letteratura, attraverso alcuni artifici tecnici che vengono espressi e dichiarati al lettore che diventa parte attiva dell’atto compositivo letterario. Ne “Il castello dei destini incrociati”, prima opera di Calvino scritta completamente con questa tecnica, i racconti dei diversi personaggi che si incontrano casualmente in un castello dopo varie peripezie, sono determinati dalla combinazione delle carte dei tarocchi miniati quattrocenteschi. Le carte sono le stesse ma le storie che ne scaturiscono sono tutte diverse. E così Calvino racconta di Orlando pazzo per amore o di Astolfo che va sulla Luna per recuperarne il senno, e ancora di alchimisti, amanti e cavalieri sgangherati. Personaggi connotati apparentemente da una comune collocazione medioeval-rinascimentale dei racconti, eppure, ad una attenta lettura, appaiono estraniati dal tempo e dallo spazio e, per questo motivo, estremamente attuali. In questa ardita ricerca metodologica ho trovato il contatto con il linguaggio musicale. La musica è l’arte, infatti, di combinare i suoni e i silenzi. Questa pratica combinatoria avviene attraverso regole e procedure scritte, oppure orali o ancora “audiotattili”. La storia e gli studi musicologici delle musiche occidentali ed extraoccidentali ce ne hanno fatto conoscere molte: dalla modalità alla tonalità, dalla serialità alla politonalità e così via, includendo anche le tecniche diffuse in altri continenti. “Jazz is not a what, jazz is a how” rispondeva il grande pianista Bill Evans a chi gli chiedeva di definire il jazz. In poche parole, Evans ne sintetizza l’essenza, cioè la modalità attraverso cui questa musica riesce ad essere plurale e unica al tempo stesso, accogliendo una molteplicità di influssi culturali metabolizzandoli con una propria estetica. La composizione è senza dubbio uno degli aspetti caratteristici del jazz inteso sia in termini “lenti” in cui il compositore può ripensare, modificare e riscrivere la musica, sia la composizione “veloce” in tempo reale: in altre parole l’improvvisazione. Queste riflessioni mi offrivano ulteriori punti di contatto con l’opera e le tecniche di Calvino. Inoltre, nella nota conclusiva del Castello dei destini incrociati lo scrittore rivela la natura aperta e in divenire del libro che rimane, per certi versi, sospeso e incompiuto. Il testo doveva contenere infatti una terza parte contemporanea basata sulla medesima macchina narrativa. L’idea è stata quindi quella di raccogliere la sfida per elaborare nuove storie attraverso il linguaggio dei suoni e realizzare quella parte terza incompiuta, attraverso il racconto musicale. I personaggi e i luoghi raccontati da Calvino qui si trasformano attraverso la combinazione dei 12 suoni sia nella parte composta a tavolino sia in quella improvvisata dai sette musicisti coinvolti – otto con l’aggiunta di Gabriele Comeglio in un brano. Oltre ai sedici racconti che compongono il Castello, otto per ogni parte, ne ho composti ancora otto secondo un criterio assolutamente soggettivo lasciando spazio agli stimoli creativi del libro, come dice Calvino: “Mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l’occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un’iconologia immaginaria”. Ho quindi composto un contrappunto affidandolo ai diversi strumenti che rappresentano, per il loro carattere sonoro specifici personaggi: il violino, il flauto, la chitarra elettrica (distorta), la voce, il piano, il basso (elettrico), le percussioni. La specularità del racconto viene tradotta invece da due serie dodecafoniche. Tuttavia, il risultato non mi convinceva fino in fondo. Era troppo intellettuale e poco comunicativo. Ho lavorato quindi sull’armonizzazione interna delle voci per portare le tensioni e le dissonanze in un territorio ancora diverso, a metà strada tra l’affermazione della tonalità e la sua negazione. Si trattava ancora del dualismo suggerito da Calvino? C’era poi l’aspetto ritmico e timbrico che portava la musica ancora altrove oltre alle variabili dell’improvvisazione e dell’azione-reazione dei musicisti rispetto agli stimoli scritti. Si trattava di un bel guazzabuglio creativo che più si faceva intricato più diventava appassionante. Buon ascolto. Claudio Angeleri

Appunti fantastici sulle composizioni a cura di Claudio Angeleri

The knight. Un cavaliere senza tempo e senza luoghi si aggira in un bosco tra mille peripezie, incontri e dialoghi. Si tratta di un brano tonale in cui le progressioni sono però utilizzate in modo prevalentemente coloristico. A volte risolvono, altre rimangono armonicamente vaghe anche per l’utilizzo delle – vietatissime – quinte parallele. Il tema principale è esposto dalla chitarra e dalla voce su cui si inseriscono gli altri strumenti per concludersi in una improvvisazione a tre voci di chitarra, sax soprano e pianoforte.

The Castle. Il castello è il luogo da cui dipartono tutte le storie fantastiche. L’ho immaginato popolato da personaggi contrapposti caratterialmente a ognuno dei quali ho dedicato una sezione specifica prima esposta nel tema e poi smontata nelle singole improvvisazioni. Il violino – Virginia Sutera – rappresenta la follia e l’irrazionalità a cui si contrappone la concretezza del sax soprano – Giulio Visibelli – e del pianoforte. Quindi interviene la chitarra distorta di Michele Gentilini, volutamente maleducata su una base quasi R&B, mentre la voce di Paola Milzani fluttua nell’aria per essere riportata a terra dal basso elettrico di Marco Esposito.

Wood Calvino ha un rapporto strettissimo con la natura. È nel bosco che succedono le vicende più strane: agguati, amori illeciti, incontri. La natura parla e consiglia i viandanti quando si addentrano tra i sentieri e le foglie degli alberi. Orlando non ascolta e insegue Angelica per scoprire con chi lo tradisce. Il brano ha una forma ABA. La parte A, quasi classica, gioca su una polimetria pari su un tempo dispari (4+2=3+3). L’intreccio ritmico si unisce a quello melodico di flauto e violino in contrappunto. La batteria è l’elemento di disturbo e contrasto a questa piccola perfezione quasi come Orlando quando si muove senza ragione e in modo sconclusionato tra gli alberi. La parte B, in tre quarti, sviluppa l’armonia della prima parte in cui flauto e pianoforte, ora separatamente, ora insieme, raccontano la loro storia.

Improvvisazione n.4. Questa traccia è nata spontaneamente da una improvvisazione di pianoforte sugli accordi del quarto brano, dal titolo Lovers. Come succede quasi sempre, il dialogo tra le due mani va dove porta la melodia e esplora altri territori armonici, melodici e ritmici.

Lovers. Questa composizione è dedicata ai tanti amori “strani” che si leggono nel libro di Italo Calvino. Amori sbagliati, contrastati, occasionali, opportunistici, traditi. Si tratta di una canzone in cui la linea principale è quella del basso e pianoforte, mentre la melodia della voce si sposta tra maggiore e minore, tra tonalità lontane (da C a Db) e modi brillanti, soprattutto il modo lidio.

Twelve. Il brano si basa su due serie dodecafoniche differenti eseguite dalla voce e dal basso che si scoprono solo alla fine all’esposizione del tema del flauto e del violino dopo le improvvisazioni di chitarra e violino. Le voci centrali hanno una funzione solo coloristica e non rispettano alcuna regola tonale. Ho voluto così combinare diverse tecniche apparentemente in modo casuale – anche questa è una tecnica compositiva – cercando di seguire la linea cantabile della melodia del flauto e violino. Qui stranamente la voce non canta ma accompagna con le note lunghe della serie superiore. È l’unico brano che non ha collegamenti diretti con un racconto ma traduce in musica l’approccio letterario di Calvino. I timbri ora acustici ora elettrici completano la tavolozza coloristica della combinazione.

Palomar. (Astolfo va sulla luna) Palomar, il personaggio di altro libro di Calvino di una decina di anni successivo al Castello, e Astolfo, protagonista del racconto in cui va sulla Luna a recuperare il senno di Orlando, sono uniti dallo stesso ruolo descrittivo. Sono infatti due viaggiatori e conducono il lettore nel sistema di segni del linguaggio. Il linguaggio umano inteso come il fischio dei merli in Palomar, in Astolfo si traduce nei silenzi del primo abitante della Luna, il “poeta” e nei suoi racconti. Entrambi cercano di tradurre la realtà del mondo in un sistema di segni (come i tarocchi nel Castello) che diventano modelli applicabili a tutte le cose. Ho cercato di tradurre questo andamento sghembo ma al tempo stesso lineare, con una successione polimetrica (7, 3, 4, 7) che indirizza la melodia e l’armonia. Si ribalta quindi il consueto procedimento che vede la componente ritmica quasi subalterna alla melodia. La “misura” o battuta è il “segno”, la carta del tarocco che diventa il modello da applicare allo sviluppo compositivo (lento o veloce – a tavolino e improvvisato). Il risultato finale è il brano più melodico e cantabile di tutto il disco sebbene parta dalla “melodia ritmica”.

Two or three stories. Questa composizione si rifà all’omologo racconto del Castello in cui le storie di due regine, quella dell’Iliade, Elena di Troia e quella di una generica figura regale dell’Orlando si intrecciano raccontando delle storie molto simili. Il racconto è talmente interconnesso da poter essere quasi letto al contrario. In musica ho utilizzato una forma quasi blues in cui due melodie di intersecano (quella della voce, del sax soprano e del violino e quella dei due strumenti armonici, il piano e la chitarra). Questa compenetrazione diventa più serrata nell’improvvisazione collettiva del bridge. Il proseguo del brano è una sorta di spazio aperto lasciato ai musicisti per improvvisare liberamente e di sovrapporre due, tre, fino a otto storie diverse tra cui quella del sax alto di Gabriele Comeglio, ospite di questo brano.

Round about midnight. Questa composizione non compare nello spettacolo live ed è una conclusione per pianoforte e synth che ho aggiunto come una ipotetica colonna sonora dei titoli di coda di un film. Monk e la leggerezza di Calvino hanno molto più in comune di quello che si pensi ma ho voluto accostarli così come due grandi saggi che mi hanno accompagnato nella mia formazione artistica e umana.

10 maggio 2021