Da un’operazione di crowfounding prende forma Il disco che simboleggia il momento di forte consapevolezza maturato dall’artista, tramutato in una necessaria esigenza di raccontare l’epidermico piacere di fuggire l’ombra

 

“Il canto dell’ape” è un disco di ampio respiro che si colora di un sound contaminato che va a sup-porto di una vocalità limpida e diretta. Le atmosfere e le influenze che hanno ispirato il disco sono tante e diverse tra loro, dal pop d’autore all’indie-rock, dalla musica dub al bluegrass, con sonorità vintage e moderne in-sieme, dove la costante è l’uso di strumenti acustici, uniti a un utilizzo minimale dell’elettronica, intesa come strumento aggiunto. La voce “pulita” e la semplicità dei testi condu-cono attraverso un viaggio fatto di verità e rinascite, dove parole e melodie si contaminano con l’aria più internazionale degli arrangiamenti.

«Il disco è stato pensato a casa mia, dove spesso scrivo in solitudine per riordinare pensieri. E’ un’azione che, oltre a farmi stare bene, è diventata la mia migliore ed unica psicoterapia. Con questo disco ho svelato a me stessa dove sono arrivata e come ci sono arrivata. Le canzoni sono nate con più penne, una chitarra e un pianoforte. Ho riempito fogli di parole e sca-rabocchi. Ai fogli che non sono finiti accartocciati è toccato di venire catalogati in uno schedario verde mela ad anelli, da cui ho poi scelto le undici tracce di questo album. Quando sono stata convinta di liberare in volo le canzoni ho incontrato Vincenzo Cristallo, chitarri-sta amico, con cui ho condiviso l’avventura dei live del mio album precedente, “Possibili percorsi”, e a cui ho deciso di affidare gli arrangiamenti di quest’ultimo disco. L’album rispecchia quello che da oltre vent’anni è il mio rapporto con la musica: ascolti e studio, intimità e istintività. Il vestito finale dell’album lo abbiamo confezionato nello Stones Lab Studio, dove la disponibilità e la professionalità di Leo Zagariello, che ha curato la ripresa del suono e di Angelo Nigro, che si è occupato delle programmazioni e della post-produzione del disco, hanno materializzato le nostre idee iniziali. Il risultato è un progetto moderno, rivisitato in un’ottica crossover, in cui tanti sono i generi che si fondono con un’idea di partenza semplice ma al tempo stesso forte e di carattere». Rita Zingariello

Track by Track

Amsterdam: Il testo nasce da un viaggio prenotato per caso ad Amsterdam con la volontà di ricongiungere una parte di sé col mondo. E’ estate e le strade sanno di legno e di mare in un luogo che sembra slegato dal tempo. La canzone rimanda dai primi ascolti alla piacevole invasione di colore negli occhi. La leggerezza e la semplicità volute nell’arrangiamento sono arricchite da una nota malinconica richiamata dagli archi a metà brano, quasi a voler sottolineare una più profonda volontà di trasformare i pesi del passato in ricchezza del presente.

Il canto dell’Ape: Le cose incompiute, la staticità di una stanza e il mondo in movimento intravisto attraverso una finestra aperta. La coscienza sopita, inaspettatamente, inizia a cantare: è arrivata la primavera, sorride ed è pronta ad uscire dalla stanza per allungare la mano a quel mondo che fino ad allora non aveva mai perdonato.

Ballo ferma: La fretta, la curiosità, l’inutilità delle parole… Non può esserci tempo per la noia! Ballare, mangiare, parlare nel proprio unico modo, decidendo di essere solo come si è, sognando e senza arrabbiarsi mai. La cantautrice si spoglia completamente in un’ironica autobiografia. In un’atmosfera danzante e fluttuante, manifesta il suo desiderio di trovare leggerezza in quelli che si ostinano a prendersi troppo sul serio. Durante le prove, l’abbaio ritmico e intonato di Babi, il bassotto di Vincenzo (chitarrista e arrangiatore del disco) diventa ispirazione per il ritornello e si unisce al Duni Jazz Choir di Mario Rosini. Il risultato è un mix frizzante di sonorità acustiche e ritmiche che strizzano l’occhio da un lato al rock, dall’altro alla dance.

Spalanca: La paura ha bisogno del coraggio come il tempo ha bisogno della pazienza. Ci sono cose che ti costringono ad aspettare, anche quando stavi proprio ad un passo dal traguardo. E allora ci sono due modi per affrontare l’attesa: l’ansia e la pazienza. Così, mentre vedi gli altri tagliare il traguardo prima di te, capisci che non ha nessuna importanza arrivare primi. L’importante è godersi l’arrivo. L’idea dell’arrangiamento è partito da una chitarra resofonica con un’accordatura aperta. Il risultato è una ballad con influenze bluegrass, in cui il ritornello si ispira al trip-pop con una vena indie-rock.

Senza nota sul finale: Il brano elogia la bellezza delle piccole cose. La musica crea un’atmosfera intima e confidenziale. L’atmosfera si muove attraverso una molteplicità di sonorità: partendo dalla strofa iniziale in cui la semplicità di un foglio e un guitalele richiamano il modo in cui nascono le canzoni di Rita, si passa attraverso sonorità dub e vintage fino alle chitarre western, che ricordano i film di Sergio Leone. Nella dimensione conclusiva la fisarmonica e il coro conducono in un ambientazione volutamente popolare. Sembra quasi che dalla stanza creativa ci si spostasse in una piazzetta francese a fischiettare e canticchiare il brano finito.

Preferisco l’Inverno: Una chitarra flamenco vissuta di storie e una frase estratta da un testo mai completato. Non c’è niente e nessuno che possa risanare un taglio ancora aperto. L’atmosfera intima, dolce e struggente insieme, di que-sto brano, sembrano sospendere a mezz’aria il fluire del disco per un minuto e mezzo.

Il gioco della Neve: Aspettare che l’amore sia pronto a riconoscere se stesso, significa ibernare il proprio cuore, tenerlo in so-speso senza il peso della responsabilità. Il freddo dell’indecisione, nel suo essere così invisibilmente pesante, si contrappone all’esplosione passionale del tango, lasciando intravedere il desiderio profondo di sciogliere quel ghiaccio e arrendersi al sentimento. Negli arrangiamenti il tango viene riprodotto attraverso un ritmo dubstep, una chitarra vintage e sequenze elettroniche che citano, come fossero uno strumento aggiunto, alcuni samples estratti da una delle versioni più belle di “Milonga de amor” dei Gotan Project, “Santa Maria (Del Buen Ayre)”.

Sicure Simmetrie: Una casa perfetta, il successo ambito e raggiunto, la sicurezza di essere in cima ed avere tutto sotto controllo, continuando a guardare in alto. Poi d’improvviso la vertigine. E’ tutto finto e il tradimento è stato solo la scoperta di una fiaba di carta, dove la dolce follia dell’amore è completamente evaporata in un ballo da troppo tempo ingessato! L’arrangiamento mischia atmosfere psichedelico-elettroniche con i suoni acustici di chitarra e contrabbasso. La batteria dell’ultimo ritornello sembra suonata in un capannone vuoto, lontano dal resto della band, quasi a voler sottolineare il concetto di separazione e solitudine.

Ribes nero: Non c’è arma “buona” per combattere una guerra. C’è il nero. E l’aspro e l’amaro. A volte è solo questo che vedi e senti. L’apparenza confonde il tuo essere, ti perde nel gorgo dell’incertezza e impastoia il tuo corag-gio. Reggere l’urto iniziale, andare oltre e tener duro fino in fondo, è per pochi. Le atmosfere di questo brano richiamano ritmi R&B, quasi hip-hop, che contrastano coi suoni più pop degli strumenti solisti e del canto, fino ad unirsi con le sonorità gospel del coro finale.

Simili e contrari: Il bisogno di piacergli prima, la paura di deluderlo poi. Infine la consapevolezza che la verità di un figlio può affondare le attese di un padre. Soprattutto se in quella verità è insediata la sua felicità. Ma i sentimenti buoni restano buoni e non devono far male. Non possono far male! Nel ritmo mediterraneo con sonorità calde e decise, tra gipsy e reggaeton, emerge il tema dell’amore vero che, con tutta la sua bellezza, fa da scudo contro ogni insidia dettata dalla paura dell’ignoto.

Il bacio con la terra: Un cane che gioca sotto la pioggia battente diventa ispirazione di una riflessione. Le proprie paure più intime si possono superare solo lasciandosi attraversare dal dolore. La pioggia diventa una sorta di benedizione, una specie di collante tra cielo e terra, tra quello che siamo e quello che potremmo essere, tra l’abbandono e il ritrovarsi. Il brano è una vera e propria esperienza sensoriale, in cui ci si perde nel buon odore della terra bagnata e, tra le carezze classiche degli archi (arrangiati da Valter Sivilotti), si può gustare il faticoso raggiungimento della libertà sognata e della tanto attesa rinascita.

Risalire: Un testo scritto dalla cantautrice nel 2014 dopo la fine di un’importante storia d’amore. La canzone, inizial-mente non prevista nell’album, è stata suonata da Rita durante una delle pause in studio di registrazione. Affascinata da un Fender Rhodes, la cantautrice si avvicina allo strumento, suona e canta questa sua “vec-chia” composizione, ignara del fatto che Leo, nella sala di ripresa, stia registrando il tutto. Durante la regi-strazione nessuno conosceva ancora il significato di speranza e rinascita che avrebbe assunto quel testo qualche mese dopo, così, per volontà di tutti, la canzone è stata aggiunta alla tracklist dell’album.

Etichetta: Volume! Pubblicazione: 6 aprile 2018

Rita Zingariello, nata a Gravina in Puglia, a cavallo tra il segno della Vergine e della Bilancia. Sin da bambina studia pianoforte, per poi avvicinarsi al canto, materia nella quale si diploma nel 2005. L’attrazione esercitata dalla musica e la necessità di “materializzare” pensieri ed emozioni, hanno reso piuttosto immediata la personale scelta di iniziare a comporre. Nel 2008 il suo primo EP da cantautrice, “E’ alba”, segnerà l’inizio di un’intensa attività di live. Nel 2012 vince il Contest “Musica è” e nello stesso anno è tra i vincitori di Sanremo rock e finalista di Castrocaro. Negli anni seguenti sente la necessità di ampliare i suoi ascolti e avvicinare le sue produzioni a mondi diversi dal pop. Si avvicina così alla musica jazz con un progetto inedito, “Incondizionatamente”, con Daniele e Tommaso Scannapieco, Ettore Carucci e Giovanni Scasciamacchia, che ottiene numerosi consensi da parte di un pubblico più critico.

Nel 2014 arriva il suo secondo lavoro discografico, “Possibili percorsi”, con la produzione artistica di Phil Mer, pubblicato da “Digressione music”. Dal 2015 ad oggi è tra i finalisti e vincitori di vari Festival in Italia: Frequenze Mediterranee, Biella Festival, Festival della Canzone Friulana, Voci per la libertà per Amnesty International, UP, Festival dell’Alta Murgia, Red Bull Tour. Apre, tra gli altri, i concerti di: Gino Paoli e Danilo Rea (2013), Paola Turci (2015), Mario Venuti e PFM (2016). Nel 2017 diventa protagonista di un tour dedicato ai maggiori successi di Mogol, dove è lo stesso autore a volerla al suo fianco sul palco, come interprete e cantautrice. Da aprile 2017 comincia a lavorare al suo nuovo disco “Il canto dell’ape” e con l’amico chitarrista Vincenzo Cristallo comincia una stretta collaborazione sugli arrangiamenti dell’album.Sceglie di produrre personalmente il disco attraverso quella che si rivelerà essere una delle campagne di crowdfunding di maggior successo registrate sulla piattaforma di Musicraiser, con oltre 200 sostenitori e un obiettivo più che raddoppiato. L’uscita del disco ha poi subìto un’interruzione improvvisa e la forzata attesa è trascorsa attraverso un gioco, “Cover a richiesta”, che da agosto 2017 ad oggi, ha riscontrato, sui profili social dell’artista, un’importante partecipazione e numerose condivisioni.

SitoFacebook –  Instagram –  TwitterYoutube

5 Aprile 2018